Qual è il vero volto della Lega legnanese? È quello conciliante e inclusivo del sindaco Gianbattista Fratus e dei suoi assessori o quello più “ruspante” e bellicoso dei militanti e dei vertici locali del movimento politico? Interrogativi che sorgono spontanei a sei mesi dall’entrata in carica della nuova Amministrazione civica di centrodestra (al cui interno la componente leghista è di gran lunga maggioritaria) e dalle prime uscite pubbliche del primo cittadino.
Ma andiamo con ordine. A tutt’oggi, Fratus ha pronunciato due discorsi ufficiali: il 29 ottobre, a Cassano Magnago, in occasione dell’annuale commemorazione del partigiano Mauro Venegoni, e il 5 novembre, nella sala Stemmi di Palazzo Malinverni, per la Festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate. Due interventi impeccabili, che non sarebbero risultati stonati se usciti dalla bocca di esponenti di altre forze politiche.
Lo stile di Fratus. Nel primo caso, il sindaco ha tessuto in modo esplicito gli elogi di un sindacalista, nonché militante dell’allora Pcd’I, barbaramente trucidato dai fascisti per il suo impegno nella lotta partigiana. Lo ha definito una persona che “ha combattuto per una giusta causa” e si impegnato “a dedicare energie, risorse e impegno affinché i valori per cui Mauro Venegoni è vissuto ed è morto siano sempre vivi nel presente e soprattutto nel futuro delle nuove generazioni”.
Sembrano lontani anni luce i tempi in cui l’allora sindaco Marco Turri (1993-1997), alla guida di una maggioranza monocolore leghista, decideva – tra polemiche e reazioni di sdegno – di dedicare l’area antistante il Liceo Galilei al “martire fascista” Carlo Borsani. Così come è netta la differenza rispetto ai più asettici discorsi del sindaco Lorenzo Vitali (Forza Italia) che portarono anche a un incidente diplomatico con i vertici locali dell’Anpi nel corso di una celebrazione per il XXV Aprile.
A Cassano Magnago, Gianbattista Fratus ha persino citato Arno Covini, altro storico partigiano e militante comunista legnanese. Non è neppure mancata una netta presa di distanza dai negazionisti, cioè da coloro che, citiamo testualmente, “hanno pensato di poter reinterpretare la storia piegandola alla propria ideologia”. “Ci sono documenti, come questo monumento – ha ribadito il sindaco – che gridano la verità”.
Fino a qui il sindaco antifascista. L’intervento del 5 novembre ha invece dato spazio al sindaco difensore dell’unità nazionale italiana. “Abbiamo sentito poco fa – ha esordito – eseguire l’Inno nazionale e abbiamo issato sul pennone, dove resterà fino a questa sera, il Tricolore, due elementi che contraddistinguono, in modo visibile, il nostro Paese”. Fratus ha poi parlato di “ideale di patria” e attribuito al primo conflitto mondiale il merito di aver favorito il sorgere nel popolo italiano “il senso di appartenenza ad un unico Stato”. “Nel tempo e non senza fatica – ha insistito – l’Italia e gli italiani tutti hanno consolidato una coscienza che li accomuna nella condivisione dei valori fondanti la nostra Nazione”.
Non sono mancati riferimenti all’importanza di far parte dell’Unione europea e al prezioso lavoro svolto dai padri costituenti nell’essere riusciti a conciliare l’aspirazione a voler far parte di un unico Stato nazionale con la salvaguardia delle singole individualità mediante forme di tutela delle autonomie. Unica concessione, quest’ultima, seppure fortemente sfumata, ad uno dei cavalli di battaglia dei leghisti.
Se a tutto questo aggiungiamo che sindaco e assessori evitano di presentarsi in pubblico con il corredo tipico dei leghisti doc (camicia e pochette verdi, sole delle Alpi…), dobbiamo trarre la conclusione che Legnano è veramente un altro mondo rispetto ad altre città amministrate dal movimento di Salvini. A Parabiago, Nerviano, Gallarate e Saronno (solo per citare località a noi vicine) lo stile è totalmente differente: qui il verde abbonda e i discorsi sono ben poco concilianti ed ecumenici.

Gli umori prevalenti. Arrivati a questo punto, è opportuno tornare al quesito iniziale. Quanto un simile stile di governo locale e condiviso dalla base? Sono i social, ancora una volta, a svelare quale sia il pensiero dominante tra i militanti. La sezione legnanese della Lega ha rinnovato recentemente segretario e direttivo. Il posto di Franco Colombo (oggi assessore) è stato preso da Mirko Gramegna (militante della prima ora), mentre il direttivo è composto da Mario Proverbio (ex segretario cittadino), Angelo Magnoni, Alessandro Carnelli, Gianluca Alpoggio (assessore), Floriana Fantini (consigliera comunale) e Giorgio Moroni.
È dalle pagine facebook di alcuni di loro che si ricava un interessante spaccato degli umori prevalenti. Alcuni esempi. Se Fratus elogia gli antifascisti, il segretario cittadino pubblica un video in cui si celebrano le opere del ventennio e un altro che riprende un discorso di Giorgio Almirante. E a chi fa notare, tra like e commenti positivi, che il fascismo ha anche emanato le leggi razziali e perseguitato gli oppositori politici, si replica che, si è vero, qualche errore è stato commesso, ma che personaggi come Emanuele Fiano e Gad Lerner “sono delle merde che giustificano le leggi razziali”.
Analoghe divergenze in materia di unità nazionale. Ai militanti non piace la decisione di Salvini di cancellare la parola Nord dal nome del movimento: “Per noi è e sarà sempre Lega Nord”, si inneggia. Con l’invito però a non dirlo troppo forte “altrimenti il sign. Salvini fa fuori anche voi”. Non mancano i nostalgici dell’indipendenza padana, le dichiarazioni di guerra all’Unione europea, il tutto condito con i ben noti e duri giudizi contro il fenomeno migratorio e qualche insulto alla presidente della Camera, Laura Boldrini (“demente”).
È evidente che una cosa sono gli umori della base e altro i comportamenti di chi ricopre una carica istituzionale. Lascia tuttavia l’amaro in bocca, e suscita non pochi interrogativi, cogliere una così forte divergenza tra vizi privati e pubbliche virtù.