Dalla voce appassionata della giovane legnanese Alice Borsatti, il racconto di un’esperienza di vita e di lavoro in Niger, in un centro di salute mentale che accoglie profughi fuggiti da paesi in guerra e che hanno conosciuto le terribili carceri libiche. Una testimonianza ancora più preziosa oggi, quando troppe voci si levano contro il volontariato e la cooperazione internazionale dopo la vicenda di Silvia Romano   Alice Borsatti è una giovane legnanese di ventidue anni che nei mesi scorsi ha vissuto un’esperienza molto particolare: per due mesi ha vissuto a Niamey, la capitale del Niger. Come sanno anche i nostri lettori più distratti, il Niger è un paese chiave nell’Africa subsahariana: possiede ingenti risorse minerarie, preda delle multinazionali (petrolio, uranio, oro), è sede di un’insistente aggressione jihadista e, fatto importante per noi, è terra di transito dei migranti verso la Libia.  Il Niger, infatti, confina a settentrione proprio con la Libia e l’Algeria. Oggi sul suolo nigerino sono presenti militari francesi, statunitensi, italiani, tedeschi con lo scopo di aiutare a rafforzare le difese dello Stato e di reprimere le incursioni jihadiste (rafforzate da mercenari giunti dalla Siria) e le attività dei trafficanti di uomini, di armi e di droga. Compito difficile, in un paese per lo più desertico, con una superficie grande quattro volte quella dell’Italia e con una popolazione di diciassette milioni di abitanti. Su questa situazione ha fatto di recente il punto anche il quotidiano «Avvenire», nel numero del 4 marzo scorso. Ad Alice chiedo anzitutto di presentarsi.   Che studi stai facendo? Frequento il terzo anno del corso di laurea in Scienze dell’educazione (socio-pedagogico) presso l’università di Milano Bicocca. Prima di iscrivermi all’università mi sono diplomata al liceo “Daniele Crespi” di Busto Arsizio con un indirizzo in scienze umane e durante il liceo ho svolto un’attività di volontariato per l’insegnamento dell’italiano ai profughi stranieri ospitati in un centro d’accoglienza di Busto Arsizio. Questo corso di laurea mi ha offerto diversi insegnamenti che mi hanno spinta a scegliere di partire. Tra questi, in particolare, l’esame di pedagogia interculturale e sociale che ci ha permesso di analizzare i cambiamenti socio-culturali avvenuti negli ultimi tempi: abbiamo acquisito le competenze per creare una mappa del territorio; abbiamo raccolto storie e interviste dei migranti; abbiamo svolto analisi approfondite, riflessioni e confronti sulla situazione dell’immigrazione in Italia oggi; e abbiamo affrontato anche il tema di come la politica, di questi tempi, legga e interpreti i fenomeni migratori. È stato interessante, in questo senso, cogliere come molti dei nostri attuali politici cerchino, attraverso i media e facendo leva sulla cronaca, di fomentare un allarmismo diffuso e far credere che “il nero” sia il nemico pericoloso da cui difenderci e che loro, da questo...