Dovevano essere le prime elezioni davvero europee, ma sono state interpretate ancora una volta con il filtro della politica italiana.

Non credo siano in molti a sapere i nomi degli eletti al Parlamento europeo, in compenso, tutti sanno che il voto del 26 maggio ha invertito gli equilibri del Governo italiano e dato una boccata d’ossigeno al Partito democratico. Ma che cosa cambia dopo questa consultazione elettorale?

Difficile dire che cosa accadrà al Governo, anche se appare sempre più chiaro come le leve di comando siano saldamente nelle mani di Matteo Salvini che, in poco più di un anno, ha invertito gli equilibri delle elezioni politiche di inizio 2018. Il voto di fine maggio ha incoronato il leader della Lega come azionista di maggioranza del Governo, anche se i seggi in Parlamento danno numeri saldamente a favore del Movimento 5 Stelle.

L’agenda dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte è ormai dettata da Salvini con Di Maio nella scomoda posizione di dover rincorrere il collega su temi che non esattamente grillini. Non basterà certo la conferma on-line tramite piattaforma Rousseau a sottrarre il vicepremier alle critiche di chi tra i 5 Stelle lo accusa, non senza qualche fondamento, di aver dilapidato la straordinaria dote elettorale del 2018.

Matteo Salvini, dal canto suo, si gode la vittoria europea e si può concedere il lusso di decidere la sorte del Governo. Ma non pare così semplice decidere il da farsi: andare subito al voto? Continuare nella formale applicazione del Contratto di governo? Rompere l’asse con Di Maio e tornare a governare con una coalizione di centrodestra? Tutte prospettive, in qualche modo, allettanti, ma non prive di rischi. All’orizzonte si profila, infatti, una Legge di stabilità che deve tenere in equilibrio un Bilancio messo a dura prova da Reddito di cittadinanza e Quota 100 e sterilizzare la clausola di salvaguardia che prevede l’aumento dell’Iva. La Commissione europea sta alla finestra e non pare intenzionata a chiudere un occhio, soprattutto di fronte alle intemerate di Salvini e Di Maio. In campagna elettorale è stato facile raccogliere voti promettendo di ribaltare l’Europa e di cambiare i vincoli comunitari, ma la realtà è molto diversa e parla di regole che vanno rispettate e non possono certo cambiare in pochi mesi.

Nessuno pare intenzionato a prendersi la responsabilità di una manovra finanziare pesante per cittadini e imprese, al punto che più di un commentatore è pronto a scommettere su un possibile governo tecnico che porti il Paese ad elezioni nella prossima primavera. Nel frattempo, lo scontro di campagna elettorale tra Salvini e Di Maio pare essersi tramutato in un confronto politico istituzionale tra i due vice-premier e la coppia governativa Conte-Tria con i primi a spingere per l’applicazione integrale del Programma di governo e i secondi nei panni dei prudenti sostenitori della necessità di un accordo con Bruxelles.

Il Presidente della Repubblica Mattarella vigila dal Quirinale e non sembra così propenso ad assecondare la voglia di scontro e di elezioni che serpeggia soprattutto in casa Lega.

Quanto al Pd, esce in modo dignitoso dalle elezioni europee con un risultato saldamente al di sopra della soglia di sopravvivenza fissata a quota 20% e un netto sorpasso ai danni dei 5 Stelle. Verrebbe da dire che si tratta di un passo avanti dovuto a demeriti altrui più che a meriti propri, ma bisogna dare atto al segretario democratico Zingaretti di aver creato un clima di pacificazione interna che non era poi così scontato prima della campagna elettorale. Ora il Pd deve passare alla fase di proposta e l’annuncio da parte di Zingaretti della nuova segreteria nazionale sta già creando qualche malumore all’interno del partito.

Forza Italia, dal canto suo, dà segnali di grande sofferenza di fronte a un passaggio di consegne che Berlusconi pare voler rinviare a tempi futuri e che non appare né semplice né scontato, soprattutto di fronte alle sirene salviniane.

Per il resto c’è un panorama politico partitico prossimo al deserto, con formazioni ormai pulviscolari a sinistra, Più Europa che fatica a crescere e Fratelli d’Italia nell’orbita stretta di una Lega non più padana, ma spudoratamente e spensieratamente nazionalista.

Si annunciano tempi confusi per una politica italiana molto propensa a urla e promesse e poco capace di offrire visioni, proposte e prospettive per il futuro.

 

Fabio Pizzul