Trentanove anni, è segretario dallo scorso ottobre di Confartigianato Altomilanese. Ovvero di una realtà che annovera ben 1.100 aziende associate. Giacomo Rossini è una persona con lo sguardo ben puntato sull’assetto produttivo, economico e occupazionale del territorio. E, come è pronto a evidenziare le criticità che funzionano da tagliole alla crescita, altrettanto è pronto a indicare il modo con cui liberarsene: maggiore dialogo tra imprese, politiche attive del lavoro, lotta all’abusivismo che – dice – uccide la professionalità e si fa beffe di regole che dovrebbero invece essere valide per tutti. E sul discorso “ripresa” è esplicito: “qualche timido segnale c’è ma si può e si deve fare di più, perché il Legnanese è un territorio ricco di storia, in grado di dare e dire ancora molto”.
Rossini, come valuta la situazione attuale? Procediamo verso la ripresa economica?
“Diciamo che c’è un timido risveglio, il mondo dell’artigianato in sé nel complesso ha tenuto anche durante i periodi più bui della crisi. Purtroppo si è registrato un tracollo del settore edilizio tra 2012 e 2013 i cui segnali di inversione di tendenza ancora oggi non si manifestano. Per quanto riguarda il mondo delle imprese nell’Altomilanese, il dato di 18mila è rimasto sostanzialmente invariato tra 2015 e 2016 e un 33 per cento di esse si colloca nel comparto dell’artigianato. Dobbiamo poi considerare la situazione delle partite Iva che diverse persone hanno aperto, chi per esigenze personali chi perché indotto a farlo dai datori di lavoro”.
Quali sono le nubi che si addensano sul comparto che occorre spazzar via?
“Il primo problema da risolvere resta l’abusivismo messo in atto da persone che esercitano sprovviste dell’autorizzazione della Camera di Commercio o, pur provviste, usano strumenti e modalità non proprio regolari. Come associazione conduciamo al riguardo da tempo una battaglia verso realtà che operano sottocosto danneggiando il mercato. Un’altra questione concerne il costo del personale. Oggi ci sono diversi imprenditori che vorrebbero assumere ma devono affrontare una serie di costi davvero sostenuti, tra fisco e formazione, e preferiscono quindi non rischiare. Il terzo problema sono i pagamenti che arrivano in ritardo da parte di certe istituzioni pubbliche all’imprenditoria. E poi esiste il problema dell’elevato costo dell’energia”.
Problemi che, per essere risolti, esigono un territorio in grado di fare squadra?
“Certo, per quanto concerne il nostro comparto occorrerebbe sicuramente farne di più; in alcuni casi le stesse aziende si vedono tra loro solo come concorrenti e magari rinunciano a sedersi allo stesso tavolo. Mentre quando ci si mette insieme e si elaborano proposte comuni, si riscontra disponibilità all’ascolto e alla collaborazione. Per quanto invece concerne il dialogo con mondo industriale, sindacale e del commercio abbiamo diversi tavoli a cui partecipiamo, riscontrando un buon livello di interlocuzione”.
Scuole e aziende: come è la situazione sul territorio?
“Siamo agli albori del progetto alternanza scuola-lavoro con il primo anno a regime per le scuole dalla terza alla quinta superiore. Ci vorrà tempo perché questo discorso decolli ma intanto è importante partire con il piede giusto. Noi stiamo dando il nostro contributo come facilitatori, abbiamo un sito che si chiama job talent a completa disposizione delle aziende, delle scuole e dei giovani. Bisogna tenere conto che alternanza scuola-lavoro non significa andare a lavorare, ma cominciare ad approcciarsi con il mondo del lavoro. E questo implica il tenere conto anche di aspetti psicologici e sociali di chi si approccia per la prima volta con questo mondo. Occorre dare agli studenti il massimo sostegno”.
E per quanto concerne l’occupazione?
“Registriamo una lieve crescita, mentre diminuisce il ricorso alla cassa integrazione in deroga. Vedo d’altro canto emergere molte politiche attive come i tirocini. E noto come una delle possibili carte vincenti per un impiego a tempo indeterminato risulti essere l’elevata specializzazione, sempre più richiesta in una realtà come la nostra”.
Per il futuro, quali prospettive si profilano?
“Domanda non semplice. Siamo in presenza di un territorio che da un assetto prevalentemente industriale è passato a una struttura di terziario. Ma bisognerà anche risolvere un problema infrastrutturale legato alla mobilità. Per chi fa impresa questo sicuramente non è un aspetto indifferente”.
Cristiano Comelli