Stop con la So.Le. e gestione “casalinga”
Politiche sociali: la città è in controtendenza

L’Azienda consortile ha conseguito importanti risultati, triplicando in due anni il fatturato e consolidando progressivamente la struttura organizzativa senza costi aggiuntivi per i Comuni. Palazzo Malinverni vuole risparmiare sulla tutela minori? E quali vantaggi porterebbe una gestione “in proprio”? Questo articolo è presente nel numero di dicembre della rivista associativa “Polis Legnano”

L’attuale Amministrazione di Legnano ha manifestato l’intenzione di non rinnovare i contratti di servizio con l’Azienda speciale consortile So.Le. e di tornare a gestire in proprio (non si sa bene come: gestione diretta? esternalizzazione tramite appalto?) alcuni servizi sociali (tutela minori, inserimenti socio-lavorativi, assistenza domiciliare).
Una decisione in totale controtendenza rispetto alle linee di indirizzo della Regione Lombardia (guidata dal centrodestra, esattamente come il Comune di Legnano) sui Piani di Zona, che da molti anni indicano nella gestione associata la forma più idonea per realizzare, a livello locale, un sistema di servizi integrato e capace di affrontare i bisogni delle fasce più fragili della popolazione.
“Costruire reti”, “gestire insieme”, “innovare e qualificare i servizi”: sono questi i principi guida che hanno ispirato le scelte dei Comuni dell’ambito territoriale legnanese negli anni scorsi ma che sembrano non essere condivisi dagli attuali amministratori, il cui obiettivo pare quello di un “ritorno al passato”, a un “welfare municipale”, sulla base del principio “meglio gestire da soli”.
Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, in base alle dichiarazioni fatte in Consiglio comunale dal sindaco Fratus (“Legnano deve essere trainante rispetto agli altri Comuni e non trainato”), anziché accelerare nel cammino intrapreso dai Comuni del territorio verso l’integrazione delle politiche sociali e verso la gestione associata, la Giunta di centrodestra inserisce la retromarcia e decide di ritirare i servizi dall’Azienda speciale consortile, tornando al vecchio modello di gestione “casalinga”.
Se dunque è questa la “nuova vision”, la “nuova musica” tanto decantata dall’attuale maggioranza, sembrerebbe una “vision” molto ristretta e che ci siano delle evidenti stonature nel modo di intendere le politiche sociali.
La principale critica che la Giunta di Legnano muove nei confronti dell’Azienda So.Le. (vedasi le dichiarazioni del vicesindaco nel Consiglio comunale dello scorso 15 ottobre) riguarda l’assenza di un piano industriale/strategico. Per quanto mi consta, consultando i documenti ufficiali della stessa Azienda (piani programma, bilanci) ravviso, al contrario, che sino ad oggi l’Asc So.Le. e il suo staff direttivo hanno operato sulla base di un chiaro indirizzo strategico, datole dai Comuni soci al momento della sua costituzione, che consiste nel progressivo trasferimento dai Comuni all’Azienda di tutte le linee di produzione del comparto socio assistenziale del welfare locale, con l’obiettivo di cercare sinergie e risparmi grazie alle economie di scala, di superare la frammentazione esistente, di condividere e valorizzare le competenze presenti nei Comuni e di erogare servizi di qualità a costi sostenibili.
Rispetto a questo punto, che rappresenta il cuore strategico della programmazione aziendale, ritengo che l’Asc So.Le. abbia conseguito importanti risultati, triplicando in due anni il fatturato e consolidando progressivamente la struttura organizzativa senza costi aggiuntivi per i Comuni.
Gli altri rilievi critici avanzati dalla Giunta legnanese riguardano il servizio tutela minori, in particolare i collocamenti in comunità, che hanno comportato nel periodo di gestione aziendale un incremento dei costi a carico del Comune. A questo proposito, è bene precisare che questo tipo di decisione non viene presa dal servizio, bensì dall’autorità giudiziaria. Quando il Tribunale per i minorenni emette un provvedimento di tutela del minore che si trova in una situazione di pregiudizio, prescrivendo un idoneo collocamento in comunità, il servizio non può che eseguire. Anzi, deve eseguire e deve farlo con sollecitudine, per non lasciare il minore in tale situazione. Il fattore tempo, in situazioni delicate come queste, è fondamentale per il benessere dei bambini. Non intervenire tempestivamente dando seguito alle prescrizioni del tribunale può essere un buon metodo per “contenere i costi”, ma sicuramente non è il metodo più appropriato per tutelare i minori.
Il passaggio del servizio dal Comune all’Azienda ha comportato un cambiamento radicale nelle modalità di gestione e nell’appropriatezza degli interventi. La gestione in capo a un Servizio tutela unificato a livello aziendale ha infatti consentito di migliorare la competenza tecnica e professionale nell’erogazione degli interventi e di sostenere il miglioramento della qualità dei progetti nelle diverse fasi della loro articolazione (valutazione, progettazione, realizzazione, verifica e valutazione esiti).
In un settore così delicato, oltre all’aspetto puramente quantitativo, è importantissimo considerare anche l’aspetto qualitativo delle prese in carico. La casistica del Servizio tutela annovera eventi molto complessi di abuso sessuale, grave maltrattamento, minori in stato di abbandono, minori in comunità e affido, genitori in carcere: situazioni che comportano un carico di lavoro gravoso e richiedono una particolare attenzione su molteplici piani (sociale, psicologico, legale). In tale ambito, lavorare in maniera appropriata vuol dire rispettare i bisogni e i tempi di vita dei minori e delle famiglie, ma anche i tempi e i mandati dei tribunali.
Ebbene, il carico di lavoro che si trovavano a gestire le assistenti sociali del Comune (prima del conferimento all’Azienda) era lesivo di tutti questi elementi di appropriatezza e di sicurezza. A luglio del 2015 (data in cui il Comune ha trasferito l’attività all’Azienda) i casi in carico alla tutela del Comune erano 153, con sole due assistenti sociali dedicate e due psicologhe part-time (con contratto libero professionale).
L’accordo stipulato tra l’Azienda e il Comune prevedeva il passaggio graduale all’Azienda di tutti i casi in carico al Comune, e la responsabilità di nuove situazioni affidate al Servizio tutela minori aziendale, con l’impegno di compiere una verifica della congruità delle risorse umane con il carico di lavoro, che da subito si è rivelato per gli operatori di Legnano di gran lunga superiore a quello degli operatori degli altri Comuni. A luglio del 2016, con la nuova gestione basata su criteri di appropriatezza, la Tutela minori dell’Azienda aveva in carico 205 minori del Comune di Legnano.
Gli indicatori calcolati dal Network delle Aziende sociali della Lombardia riportano una media di 50 minori in carico per assistente sociale; a Legnano erano 103 minori per assistente sociale; negli altri nove Comuni del Distretto erano 73 minori per assistente sociale.
I maggiori costi che vengono “lamentati” dagli attuali amministratori per giustificare la volontà di reinternalizzare il Servizio, sono dunque attribuibili al fatto che si è operato incrementando le ore settimanali di assistente sociale e di psicologo dedicati ai casi di Legnano, attuando un intervento di perequazione, cioè di semplice allineamento degli standard relativi alla sezione legnanese del Servizio tutela aziendale, in rapporto a quella degli altri nove Comuni; e all’incremento degli utenti presi in carico, che sono diventati 264 al 1° ottobre 2017 e 276 al 30 settembre 2018.
Da ultimo, è bene sottolineare che Azienda So.Le. sta elaborando una nuova ipotesi di gestione dei collocamenti in comunità, finalizzata alla razionalizzazione e alla stabilizzazione della spesa dei Comuni dell’Ambito. Tale ipotesi si basa su un modello ove è l’Azienda a contrattare i collocamenti presso le comunità e a pagarne gli oneri, sulla base di un budget concordato con i Comuni e proporzionato alle giornate di collocamento, imputate sulla base di un prezzo medio ponderato, con eventuale previsione di una quota solidale tra i Comuni.
Il modello, che riprende analoghe e positive esperienza già realizzate dalle Aziende di altri Ambiti, ha i seguenti vantaggi: trasferimento all’Azienda della fase negoziale delle rette, con conseguente incremento del potere contrattuale; maggiore responsabilizzazione del servizio Tutela minori nell’analisi delle conseguenze economiche delle scelte tecniche; riparto dei costi sulla base della retta media ponderata e non della retta puntuale (con conseguente riduzione delle oscillazioni dei prezzi e quindi dei costi imputati ai comuni); introduzione di una quota solidale tra i Comuni (finalizzata a stabilizzare la spesa); spostamento di approccio dal breve al lungo termine nelle politiche di bilancio dei comuni.
È evidente che il Comune di Legnano, qualora dovesse uscire dalla gestione associata, non potrebbe beneficiare di tali vantaggi.

2 Comments

  1. Buongiorno, sul alcuni punti dell’articolo rimango un po’ perplesso. Premetto che sono un elettore di sinistra e quando parlo di sinistra non mi identifico per nulla in questo PD. Ciò detto sono perplesso quando sento parlare di sociale e come prima cosa si parla di costi di gestione. Per me la politica, nota come il bene comune, dovrebbe sempre e sottolineo sempre badare anzitutto a chi è più debole e lo deve fare senza badare a spese. Sicuramente questa amministrazione avrà i suoi (sporchi) interessi a riprendere in mano i servizi, però è ciò che mi aspettavo facesse la precedente amministrazione, non esternalizzare un servizio ma prenderlo sotto il suo controllo, proprio per verificarne anzitutto la qualità.
    Ho sentito parecchi lavoratori di questa azienda e ahimè ho solo sentito parlare di un abbassamento della qualità, persone che lavorano con scarso entusiasmo per una scarsità di qualità e risorse, un paradosso se si pensa che un welfare aziendale può portare altro welfare a cascata. Spero di ottenere una risposta perché questa tematica mi sta molto a cuore e mi piacerebbe avere un confronto. Grazie

    • La ringraziamo anzitutto per l’attenzione alla nostra rivista. L’articolo da Lei commentato sostiene esattamente la Sua stessa tesi, ovvero che nel campo dei servizi sociali occorre anzitutto considerare l’aspetto della qualità (nel senso di appropriatezza) degli interventi, più che l’elemento quantitativo (costi). E’ proprio questo lo scopo della gestione sovracomunale tramite l’Azienda SOLE. I singoli Comuni non riescono più a garantire (da soli) risposte adeguate a bisogni sociali sempre più complessi; i problemi si possono affrontare meglio attraverso l’integrazione (delle risorse, delle conoscenze, delle competenze, degli interventi e dei servizi). Questo è il senso e lo scopo dell’azienda consortile, la quale, è bene precisare, non è un ente “esterno” al Comune, bensì un “ente strumentale” del Comune stesso e, in quanto tale, controllato direttamente dall’Ente locale, che ne determina gli indirizzi strategici e le linee di intervento. In altri termini, l’Azienda è stata creata proprio per non dover “esternalizzare” i servizi a soggetti terzi, che non sempre garantiscono trasparenza e qualità. Ora, il Comune di Legnano, ritirando i servizi dalla Sole, dovrà necessariamente “appaltarli” a soggetti esterni, poichè le risorse professionali interne non sono sufficienti a gestire, in maniera appropriata, servizi particolarmente delicati quali: la tutela minori, gli inserimenti socio-lavorativi di persone svantaggiate, l’assistenza domiciliare a bambini, anziani non autosufficienti e persone con disabilità. E’ per questo che, avendo molto a cuore, come Lei, questa tematica, siamo molto preoccupati per il futuro di questi servizi.

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